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25 anni di ACMOS, scuola di scintille!

Il 14 ottobre 2024, ricorre il 25° anniversario della nascita della nostra associazione.
25 anni in cui Acmos è stata Scuola di Scintille, a Torino e oltre.
È un traguardo importante e da celebrare per un’associazione giovanile: sono stati 25 anni pieni di movimento, animazione d’ambiente, creazione di comunità e di GEC, i nostri Gruppi di Educazione alla Cittadinanza.

 

Il 14 ottobre festeggeremo il nostro quarto di secolo attraverso due momenti:

alle ore 17.30 ci ritroveremo alla Sala Polivalente di via Leoncavallo 25, dove, insieme a chi venticinque anni fa ha dato vita all’associazione, proveremo a ripercorrere questi anni di storia, a partire dai valori che l’hanno generata.

alle 20 invece ci vedremo al Bunker, in via Paganini 0/200, per una cena in compagnia, accompagnati da alcune esibizioni live e concludendo il nostro compleanno ballando sui suoni del djset!

 

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Coinvolgi.net – un progetto nazionale di attivismo e volontariato giovanile

Nel DNA di ACMOS da sempre c’è il volontariato, inteso come forma di partecipazione per il bene comune e come base di ogni esperienza di comunità.
Alla base del volontariato ci sono la scelta consapevole e la cultura del dono e della gratuità; tutte e tre insieme costituiscono un ottimo antidoto alla cultura dominante dell’egoismo individualista e narcisista.
Nei nostri 25 anni di storia abbiamo sempre cercato compagnɜ di strada che condividessero questo approccio (così è nata la rete WeCare) ed è per questo motivo che abbiamo preso parte, insieme ad altri soggetti partner, al progetto Coinvolgi.net attivo in 21 regioni e province autonome e fondato sulla metodologia di innovazione sociale, ovvero attività, servizi e modelli che soddisfano bisogni sociali e che allo stesso tempo creano nuove relazioni e nuove collaborazioni accrescendo le possibilità di azione per le stesse comunità di riferimento.
L’intenzione fondamentale del progetto è l’interconnessione tra la costruzione di una cultura di convivenza responsabile e la promozione giovanile, nel proprio ruolo chiave di plasmare le norme sociali e portare avanti il cambiamento.
Le azioni principali del progetto si svolgeranno nei territori, attraverso le comunità e le strutture gestite dai vari enti partner, e all’interno della scuola pubblica e prevederanno:
  • – formazioni organizzate in laboratori di democrazia attiva;
  • – esperienze di volontariato nei territori di appartenenza e nelle realtà locali, declinate in azioni di partecipazione attiva, sensibilizzazione, scambi.
  • – realizzazione di campi di volontariato sul territorio nazionale.
Dal 25 al 27 settembre si è tenuta a Torino, in Casa ACMOS la prima formazione nazionale, una occasione di maggiore conoscenza tra partner, di approfondimento dei metodi di coinvolgimento dei giovani e delle pratiche di vita comunitaria che caratterizzano la nostra esperienza, e di condividere le idee per i prossimi appuntamenti nazionali di formazione e dei campi di volontariato in giro per l’Italia
L’unione fa la forza!
Diego Montemagno
Il progetto è realizzato con il finanziamento concesso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l’annualità 2023 a valere sul Fondo per il finanziamento di iniziative e progetti di rilevanza nazionale ai sensi dell’art. 72 del Decreto legislativo n. 117/2017.
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Referendum Cittadinanza: figlie e figli d’Italia!

Ogni volta che le leggi sono figlie della paura, e non ancelle della speranza, sta ai cittadini ribellarsi e chiedere leggi migliori. Ogni volta che il “diritto” calpesta i diritti servono cittadini con la coscienza vigile, pronti ad accorgersene e insieme agire per un cambio di rotta. Non fermiamoci allora alla questione di principio, ma teniamo ben presente il fine di questo referendum: ampliare la platea dei cittadini veri, svegli, consapevoli, capaci di assumersi gli impegni che questo ruolo richiede. Per avere un’Italia più giusta, più responsabile e dunque anche più sicura.

 

Luigi Ciotti

 

Una bella rete di associazioni ha promosso un quesito referendario, il Referendum Cittadinanza, per semplificare a moltɜ cittadinɜ di origine straniera (circa 2.500.000 persone) che in questo Paese non solo nascono e crescono, ma da anni vi abitano, lavorano e contribuiscono alla sua crescita, il percorso per ottenere la cittadinanza italiana.

 

Partecipare agevolmente a percorsi di studio all’estero, rappresentare l’Italia nelle competizioni sportive senza restrizioni, poter votare, poter partecipare a concorsi pubblici come tutti gli altri cittadini italiani.

Diritti oggi negati.

 

Grazie a questo referendum verrebbero ridotti da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa allɜ proprɜ figlɜ minorenni.

L’obiettivo è quello di raccogliere 500.000 firme entro il 30 settembre!

Firma anche tu! (clicca qui)

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La resistenza della scuola di Mykolaiv

La fine e l’inizio 

di Wislawa Szymborska

 

Dopo ogni guerra

c’è chi deve ripulire.

L’ordine, seppure approssimato,

certo non viene da solo.

 

C’è chi deve spingere le macerie

al bordo delle strade,

per far passare

i carri pieni di cadaveri.

 

C’è chi deve calarsi

nella melma e nella cenere

tra le molle dei divani letto,

tra le schegge di vetro,

e gli stracci insanguinati.

 

C’è chi deve trascinare una trave

per puntellare un muro.

C’è chi rimetterà vetri alla finestra,

e monterà le porte sui cardini.

 

Fotogenico non è

e richiede anni e anni.

Tutte le telecamere

sono già fuori,

per un’altra guerra.

 

I ponti sono da riattivare,

e le stazioni da rifare.

Ridotte a brandelli le maniche

a forza di rimboccarle.

 

Uno, con la scopa in mano,

ancora ricorda com’era.

Uno che ascolta

annuisce col capo superstite sul collo.

 

Ma, in zona, cominceranno ad aggirarsi

quelli che ne saranno annoiati.

 

C’è chi andrà ancora

a disseppellire sotto un cespuglio

argomenti corrosi dalla ruggine

per depositarli sul mucchio dei rifiuti.

 

Chi sapeva di che si trattava

deve far posto a chi

ne sa troppo poco.

O meno di poco.

Oppure assolutamente niente.

 

Tra l’erba che ha ricoperto

le cause e gli effetti

dev’esserci qualcuno disteso,

con una spiga tra i denti

perso a guardare le nuvole.

 

Mykolaïv e Kherson, Ucraina, agosto 2024

 

Sono passati oltre due anni dall’inizio dell’invasione russa. Non è del tutto vero quel che dice la poesia: si lavora, si mette in ordine e si ricostruisce molto anche a guerra in corso, anche con gli allarmi antiaerei, anche con i colpi di artiglieria di sottofondo, le pareti che tremano e i vetri che si spaccano nella notte, con le campagne che bruciano o ancora minate, con l’elettricità contingentata, con la propaganda di guerra e i cani randagi abbandonati da chi è fuggito dall’invasione. Si lavora anche quando la paura si respira come l’aria, che quasi non ci si fa più caso: la paura di ricevere la notizia di qualcunə al fronte uccisə o feritə, di essere obbligatɜ ad arruolarsi, di esser colpitɜ da un colpo nemico, di dover scappare, di non avere acqua potabile, di non sapere quanti aiuti arriveranno e fino a quando.

 

Non so cosa animi le persone che vivono qui, che costruiscono e ricostruiscono in tempo di guerra, cosa le tenga in vita: molti di loro lo chiamano Dio. Agli occhi di un ateo occidentale non c’è niente di poetico in queste scene e Dio pare non passare di qua da un bel po’. Ma istinto di sopravvivenza, orgoglio, rabbia e odio per il nemico invasore, amor proprio, voglia di rivalsa, senso di responsabilità fanno fare cose incredibili.

 

Una di queste piccole storie di ricostruzione passa dalla scuola N°47 di Mykolaïv. La maggior parte delle scuole qui non è attrezzata per la guerra, non può dar rifugio in caso di allarme, e per questo è semplicemente rimasta chiusa, con studentɜ a casa, quellɜ che non son scappatɜ con le loro famiglie. Questa scuola è tra le più fortunate: ha un rifugio antiaereo, che è stato sistemato per accogliere qualche classe e qualche gruppo alla volta. Pareti gialle, a sostituire un po’ la luce del sole che laggiù non può arrivare. Nel sotterraneo della scuola grazie ad aiuti arrivati anche dall’Italia è stato anche costruito un depuratore di acqua, che nei mesi passati è stato molto prezioso. I corridoi della scuola son presidiati da decine di piante verdi e fiorite che attendono come se niente fosse la fine di questa umana follia e il ritorno degli studenti. Una delle aule del sotterraneo è stata allestita con una lavagna multimediale e un proiettore, banchi e sedie, e sono appese bandierine degli stati d’Europa, quasi come fosse una festa di compleanno.

 

Questa storia di ricostruzione passa da qui, da un paio di incontri in caldi pomeriggi d’estate e ha protagonistɜ che meritano di esser descrittɜ. Ci sono una quindicina di adolescenti ucrainɜ, che di adolescenza ne han vissuta ben poca, sconvolta dalla pandemia e dalla guerra. Sono quellɜ che non sono andatɜ via per l’estate, la maggior parte. Alcunɜ di loro erano scappatɜ con le famiglie ma sono tornatɜ. Parlano con gentilezza un timido inglese, ci scrutano e comunicano tra loro con gli occhi soprattutto. Non sanno che al mondo non c’è sguardo più impegnativo di quello dellɜ adolescenti, o sembrano non farcelo pesare. Già, perché come lɜ bambini sono innocenti, vittime di una guerra che non han deciso loro ma che si combatte sulla loro pelle e sul loro futuro; ma al contrario dellɜ bambinɜ, stanno iniziando a comprender davvero cosa succede, non si posson più aggrappare a favole consolatorie. I loro occhi cercan disperatamente verità e vie di uscita, e se le aspettano anche da noi. Lɜ insegnanti con loro son un paio qui ora, ma altrɜ son coinvolti nell’iniziativa: promuovono attività europeiste a scuola. Hanno formato questo gruppo di ragazzɜ, lɜ hanno convintɜ a conoscerci, ad andare a scuola al pomeriggi per le videochiamate con “gli italiani” durante gli scorsi mesi, costrettɜ a prepararci delle domande sull’Italia – la più ricorrente: “perché non mangiate la pizza con il cappuccino?” e altre molto più specifiche su come funziona il sistema educativo.

 

Dietro le quinte c’è Maksim, un consigliere comunale di Mykolaiv, che ha poco più di trent’anni, è fondatore dell’associazione Youth of Ukraine, che da anni qui in città lotta contro corruzione ed evasione fiscale, e promuove la partecipazione dei giovani alla vita democratica. Si è dedicato anima e corpo alla città dallo scoppio della guerra, per intercettare e distribuire fondi e aiuti umanitari, ma oggi riesce nonostante la situazione a dedicarsi ad attività educative e culturali: cinema in piazza, campi estivi per ragazzi e ragazze, piste ciclabili, come fossimo in una qualsiasi città d’Europa, e non in un paese in guerra. Tuttɜ lɜ suɜ amicɜ sono via, chi è scappato, chi è al fronte e chi dal fronte non tornerà, ma lui è rimasto, e da qualche mese è papà di una bimba. Resiste nonostante il timore quotidiano che gli si chieda di unirsi all’esercito: nessuno ha la certezza di riuscire a scampare. I militari fermano per la strada tutti gli uomini in età di leva, ne arruolano centinaia al giorno solo nella regione di Mykolaiv. Ogni volta che torniamo però corre il rischio e viene a prenderci in stazione, e ci riporta quando dobbiamo ripartire, sempre con un sorriso e un regalo.

 

Poi ci siamo noi, alcunɜ italianɜ arrivatɜ o ritornatɜ qui, grazie ad Operazione Colomba, corpo nonviolento di pace, e ad Acmos. Dallo scoppio della guerra in tantɜ ci siam datɜ il cambio per preservare una presenza e un contatto costante, tra Mykolaiv e Kherson, anche ora che i riflettori si sono un po’ abbassati. Siam qui per dimostrare che in Europa non ci siam dimenticatɜ tuttɜ di loro e che pensiamo che la loro vita valga quanto la nostra. Dopo gli ultimi confronti  abbiamo proposto di invitarlɜ da noi a Torino (solo donne e minori, gli uomini non possono lasciare il paese, son carne da guerra). Vorremmo permetter loro di ricordare cosa vuol dire vivere in pace e che è un loro diritto, far loro conoscere dellɜ coetaneɜ italianɜ, dar la possibilità di esprimersi, raccontarsi, confrontarsi. Ricordarsi che esiste altro oltre alla paura e all’odio cui costringe la guerra.

 

Giochiamo a un gioco simile a lupus in fabula – qui lo chiamano mafia!- che hanno riadattato in versione europeista. Ci si salva se si risponde correttamente a domande su altri paesi europei, in sostanza ci si salva solo se si conosce l’Europa. L’Euroclub della scuola è sgargiante e molto schierato e con una  naturalezza che stupisce promuove un’educazione europeista a scuola. Ha una piccola e colorata sede in una delle aule e tanti gadget di cui son molto fierɜ. Distribuiscono bandiere, con due facce diverse dagli stessi colori, il giallo e il blu. Stanno bene insieme: il blu con le stelle da un lato, l’infinito orizzonte tipico della campagna ucraina, giallo dei campi e blu del cielo, lineare.

 

Inevitabile il confronto: perché noi non siamo così esplicitamente europeisti? E pensar che abbiamo scelto coscientemente da oltre settant’anni di esser europei prima ancora che italiani. Il benessere forse ci permette prudenza e alibi per non esserlo, mentre qui la questione è urgente: se non è Europa è morte.

 

Fa strano stupirsi qui: proprio su queste terre ucraine, allora sovietiche, son morti buona parte dei 90000 italiani caduti o dispersi nella tragica campagna di Russia, mandati coscientemente a morire da Mussolini nel 1941-42. Anche dopo quella vicenda abbiamo deciso di non voler più guerre né fascismi, in sostanza di costruire l’Unione Europea.

 

Dovrebbero tornare qui oggi lɜ cittadinɜ italianɜ e europeɜ, il mondo della scuola e della politica soprattutto: ragazzɜ, insegnanti, dirigenti, fin su alle istituzioni! Che lezione di educazione civica, questa resistenza della scuola di Mykolaiv. Dovrebbero venire qui tuttɜ quellɜ che sputano nel piatto europeo in cui mangiano, a destra e a sinistra, e anche quellɜ che non hanno alcuna intenzione di rinunciare a un po’ del loro piatto per far seder qualcun altro a tavola.

 

Ma abbiamo tenuto per noi tutti questi pensieri. Abbiamo raccontato del bello dell’Europa, della storia di mediazione e di pace di cui siamo orgogliosɜ, dei benefici che viviamo senza esserceli meritati. Che sappiamo che ci sono ancora molti problemi, ma non possiamo lamentarci.

 

Eppure in cuor nostro lo sappiamo che l’Europa sognata a Ventotene, l’Europa della Carta di Nizza, perde colpi e autorevolezza, al proprio interno, ma soprattutto ai suoi confini e a livello internazionale. Il diritto continuamente calpestato e la libertà solo per lamentarsi e consumare. Chissà, forse in questo incontro con una scuola ucraina, che resiste in tempo di guerra, è nascosta una pista da seguire, di rinascita. Come è nascosta nelle speranze di chi fugge verso di noi in cerca di pace, di chi chiede da mesi “cessate il fuoco”. Forse la sopravvivenza è negli occhi di questɜ giovanɜ di Mykolaïv che si aspettano qualcosa da noi. Forse ci ricorderemo che per sopravvivere e reagire alla storia non è mai bastata la sola ragione,  neanche nel 1945: serve ridurre a brandelli le maniche a forza di rimboccarle, riconoscer la poesia nelle macerie, serve qualcuno che si aspetta qualcosa da te, e se non proprio un dio servirà almeno ritrovare una fede comune a dare un po’ di coraggio. 

 

Ramona Boglino

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La radio che cammina nelle periferie eccentriche – Performing Media a Torino

Leggi il report dell’esperienza!!

 

In collaborazione con Salotto di Miranda, Urban Experience, Museo Arte Urbana, Piemondo.

Il progetto di Teatro Mobile con Urban Experience tende a indurre una percezione originale dei luoghi con elaborazioni drammaturgiche associate a walkabout che rendono ogni evento unico, coinvolgendo particolari stakeholder.

Walkabout significa “cammina in giro e a tema”: conversazioni peripatetiche si combinano con trasmissioni radiofoniche nomadi (ascolti in cuffia), per un’esplorazione partecipata.
Un progetto basato su format di performing media nelle “periferie eccentriche”: atti di una nuova spettacolarità immersiva, eventi che accadono “fuori dal centro” e che esprimono essenze ancora da rivelare, a volte iperboliche.

Un’occasione per mixare tra loro due approcci performativi nel contesto urbano, quello più esplorativo, psicogeografico e conversazionale (basato sull’audience engagement) di Urban Experience e quello più attoriale e drammaturgico di Teatro Mobile.

 

Gli eventi, definiti con le comunità territoriali, sono atti semplici (concepiti per coinvolgere anche i passanti casuali) e al contempo complessi (basati sull’uso di tecnologie radio e digitali) e prevedono il coinvolgimento attivo di realtà locali.

I contenuti vengono elaborati in relazione con il territorio non più “contenitore” ma “contenuto”, rivelandone il sottotesto di valorizzatore poetico del paesaggio umano di cui è essenza.

Tutti gli eventi di Teatro Mobile, ad alto impatto emozionale e ad impatto acustico inesistente, assecondano un’idea originale di drammaturgia site specific che vuole essere forma innovativa di spettacolo dal vivo (con assonanze tematiche da altre forme quali l’installazione artistica, il “set cinematografico”, la visita guidata spettacolarizzata).

L’articolazione è in due fasi: dal 10 al 15 Settembre, gli spettacoli di Teatro Mobile, (da originali drammaturgie di Pina Catanzariti e per la regia di Marcello Cava) combinati con i walkabout di Urban Experience (condotti da Carlo Infante), si muoveranno dal Salotto di Miranda, tra Borgo Rossini e Barriera, attraverseranno il Cimitero Monumentale, incontrando i sepolcri dei martiri del Fascismo e quelli di Silvio Pellico e Maciste. Esploreranno inoltre luoghi emblematici di quelle periferie, tra cui, il nostro cohousing Sorgente.

Si inizia con “Caligola”, da Camus, celebre testo sul potere ed il suo estremo inevitabile, la follia. Seguono poi , “La linea d’ombra”, il drammatico varco, sottile come una linea, verso l’età adulta e “Cuore di Tenebra”, nell’occasione della ricorrenza dei 100 anni dalla morte di Joseph Conrad, “Prometeo e il suo doppio”, dove il “doppio” di Prometeo è Frankestein, “Condominium” da Ballard, dove è il luogo a generare violenza. Conclude il ciclo di settembre un “Doppio Sogno di fine Estate” dove Amore e Psiche di Apuleio danzerà in una mezza
estate scespiriana.

Dagli eventi saranno “distillati” podcast da georeferenziare e un data-crowd per visualizzare le parole chiave delle esplorazioni partecipate.
In caso di pioggia o maltempo gli eventi si svolgeranno presso il Salotto di Miranda.
Il programma potrà subire variazioni.
La partecipazione agli eventi è gratuita su prenotazione on line.

 

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Passate in Barriera!

3 giorni di passata comunitaria nell’Orto urbano del Boschetto Agrobarriera, 6-7-8 settembre, in Via Petrella 28, Barriera di Milano, Torino!

Una tre giorni ricca di iniziative tra mostre, proiezioni di cortometraggi e, soprattutto, pomodori. Un occasione per approfondire, confrontarsi e conoscere il tema del caporalato e dello sfruttamento lavorativo, in ambito agricolo e nelle nostre città.

Il programma dei 3 giorni:

Venerdì 6 dalle ore 17 iniziamo con delle letture a cura di Arcobaleno APS – S/pazzi in Barriera per poi proseguire con un momento di approfondimento, alle ore 18,  “ Stop al caporalato, diritti e dignità per i lavoratori agricoli 

Proseguiamo Sabato 7 dalle ore 18 con apericena cantereccia con Shams Collective.

Apriamo la giornata di Domenica 8 con uno sportello informativo, dalle 9 alle 18, del progetto Spazzi di Inclusione .

La tre giorni si concluderà, alle ore 20, con la proiezione dei cortometraggi del Rosarno Film Festival – Fuori dal ghetto che affrontano il tema della resistenza ecosociale, delle lotte ambientali, delle mobilitazioni, delle testimonianze, delle terre avvelenate o riscattate.

Durante i 3 giorni di evento:

Dalle 9 alle 17, prepareremo insieme le conserve e per pranzo spaghettata con il pomodoro dal progetto di Nova Coop“Buoni e Giusti”.

Durante i vari appuntamenti si potrà scoprire la mostra “Siamo uomini o caporali“, parte del progetto di riutilizzo sociale del bene confiscato Cascina Arzilla.

Vi aspettiamo!

 


 

L’iniziativa è realizzata insieme a Rete Ong, ACMOS, Libera Piemonte, Cooperativa Nanà, Piemondo, VivoinBarriera VivoinAurora con il sostegno di Nova Coop all’interno del progetto Impatto.

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Caro M. – una lettera per te dal nostro movimento e dalla rete WeCare

Caro M., 

siamo lɜ ragazzɜ di Boves. Sabato sera abbiamo letto la lettera che ci hai scritto, durante la fiaccolata che facciamo ogni anno in memoria dei caduti della Resistenza. Dopo quattro giorni di approfondimenti, confronti e discussioni sul carcere, ci ha molto colpiti ed è arrivata dritta ai nostri cuori.

 

Forse saremo meno chiarɜ noi, che in cento proviamo a rinchiudere tutti i pensieri in una lettera sola. Quello che leggerai sono spunti dall’assemblea finale: non hai potuto esserci ma se chiudi gli occhi per un attimo forse puoi immaginarti in mezzo a noi la domenica mattina, un po’ stanchɜ e accaldatɜ, ma con la voglia di parlare e ascoltare; forse questa lettera ti potrà portar un po’ fuori da lì a sentire le parole che abbiamo scelto di rivolgerti. La tua lettera ci ha portati da te, senza averti mai visto né conosciuto: confidiamo che la nostra possa far lo stesso. Poi ci sono tante altre cose che dovremmo e vorremmo dirci, ma è un bene: sarà motivo di scriverci ancora, e di incontrarci di persona quando sarai uscito.

 

Allora immaginati in mezzo a noi, immagina che abbiamo appena raccontato divisɜ in gruppi cosa vorremmo fare “nelle nostre ore di libertà”, il titolo del nostro campo, noi che abbiamo il privilegio di essere liberɜ ora, di decidere come spender il nostro tempo. Immagina poi che uno a uno ci alziamo, prendiamo un po’ tentennanti il microfono, e a poco a poco aggiungiamo parole e pensieri  (anche) per te. Li abbiamo lasciati scritti nell’ordine in cui son emersi, sperando che tu possa apprezzare la sincerità più che l’ordine o la forma di questa lettera.

 

“M., hai mai giocato a rugby? Dovremmo tuttɜ comportarci come nel rugby nella vita, che purtroppo o per fortuna non è solo un gioco. Nel rugby nessunǝ viene lasciato indietro e la palla si passa all’indietro per far meta, ma chi è indietro deve venire avanti, altrimenti la palla non avanzerà mai.  Un’altra regola del rugby è il sostegno: chi porta palla viene placcato, cade e poi difende la palla col proprio corpo. Lɜ compagnɜ si gettano nella mischia e fanno sostegno al compagnǝ che si sta sacrificando, condividendo il sacrificio. La solidarietà è quella cosa che accade in un momento e che amplifica un sacrificio personale.

 

M., la conosci “Canzone per Alda Merini” di Vecchioni? Dice che per esser felici “basta vivere come le cose che dici, che bisogna trasformare le parole in scelte di vita, e questo è vero tanto quanto è difficile! Sappiamo che dobbiamo rimettere al centro le relazioni positive e sane tra le persone, e mantenere uno sguardo plurale, senza la presunzione di avere capito tutto. Solo così potremo trasformare la realtà. Anche questo è vero tanto quanto è difficile e poco diffuso.

 

M., abbiamo capito che parlare di carcere vuol dire parlare soprattutto di ciò che c’è fuori dalle mura. Sia in un’ottica di prevenzione (come si evita? perchè alcune persone ci finiscono?), ma anche perché le persone detenute, una volta libere, non debbano riabbracciare un modello/una società che non funziona, non siano costrette alla criminalità. Non tuttɜ noi lavoreremo nel mondo del carcere ma possiamo tuttɜ impegnarci nella trasformazione della società, per fare in modo che tuttɜ, indipendentemente da dove sono natɜ, dalla propria famiglia, dalla propria ricchezza, possano avere diritto a una casa sicura in cui crescere, che possano studiare e lavorare e non siano costretti alla povertà o alla criminalità.

Abbiamo anche capito che il carcere obbliga a fermarsi, e che l’isolamento e l’immobilismo fisico possono esser terribili e chissà come stai vivendo questo momento. E forse questo isolamento e questo immobilismo servirebbe più a noi qua fuori, che possiamo provare ad imparare qualcosa e a fermarci e prenderci un momento per riflettere di come stiamo spendendo il nostro tempo e in che direzione stanno andando le nostre vite e il nostro mondo. Speriamo che tu possa almeno prenderti del tempo per lavorare su di sé e sulla persona che vuoi essere. Noi dal canto nostro, ci impegniamo per te a fare la nostra parte per il momento in cui uscirai!

 

M., siam contentɜ che tu ci abbia scritto perché le tue parole hanno acceso una luce sulle persone detenute e rese invisibili e sull’ingiustizia della realtà giudiziaria. Sforziamoci insieme di tener le luci accese, di non arrenderci all’impotenza, di trasformare questa indignazione in scelte e cambiamenti. Molti di noi sono impegnatɜ in studi e attività educative, e crediamo sia indispensabile che in carcere ci siano più educatori e più mediatori, che si aprano le porte e che tuttɜ possano vedere che cosa la nostra  società sta producendo.

Inoltre abbiamo capito che non è giusto costringere le persone detenute a vivere in condizioni strutturali ed igienico-sanitarie pessime e non dignitose! Dobbiamo continuare a batterci perché le carceri diventino luoghi in cui si può vivere e non solo sopravvivere. Sai, in questi giorni abbiamo raccolto le firme per un referendum per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata. Questa legge vuole dividere l’Italia, differenziare l’accesso a diritti, servizi e possibilità a livello regionale, in base al gettito fiscale incassato dalla singola Regione, anziché redistribuire la ricchezza sul territorio nazionale. Vogliamo che le carceri d’Italia (e d’Europa, e del mondo!), se proprio devono esistere, fintanto che esistono, siano tutte all’altezza del loro compito rieducativo, ma prima ancora vorremmo che la ricchezza e serietà di un percorso educativo che accoglie e accompagna un ragazzǝ nella società non debba dipendere dalla fortuna di trovarsi in questa o quella Regione o parte del mondo, dalla fortuna di incontrare qualcunǝ di un po’ più sensibile sulla sua strada. (w la scuola, la scuola pubblica! il vero investimento sulla sicurezza!)

 

M., tu parli di un contesto detentivo (e non solo?) in cui non puoi fidarti di nessuno e dove qualcuno vuole sempre qualcosa in cambio. Allora, la fiducia è una postura fondamentale: dobbiamo essere in grado di darla autenticamente, anche quando ci sembra più difficile. Ce lo hanno detto anche in questi giorni: è sbagliato parlare di reinserimento nella società, se la società è corrotta e governata dagli stessi sentimenti e fenomeni che però poi sono criminalizzati in carcere: la competizione spietata, l’avidità e l’egoismo, la sfiducia nel prossimo. Alcuni reati ci mettono molto in difficoltà, sono terribili e disumani, e purtroppo la maggior parte delle persone crede che sia utile rinchiudere e “buttar via la chiave” ma sappiamo che è solo un modo per sfuggire dalla realtà, per distanziare ciò che in realtà è più vicino a noi e normalizzato nella nostra società di quanto siam capaci di ammettere.

 

M., vorremmo anche consigliarti un libro, si chiama “Alba” di Demirtaş. Lo scrittore è il leader di un partito le cui idee hanno molte affinità con le nostre idee. Lui è in carcere e, da dentro, scrive. Se vorrai leggerlo… E un ragazzo curdo che abbiamo conosciuto qualche anno fa ci aveva consegnato una frase al termine della fiaccolata: “Resistenza è vita”. Ti auguriamo di trovare la tua forma di resistenza, anche interiore, per riuscire a resistere a quello che stai vivendo, e di trasformare il tempo in un sogno e un senso verso cui tendere.

 

E M., un’ultima cosa: abbiam ripetuto il tuo nome così tante volte perché oggi per noi il carcere non è più qualcosa di astratto, ma ha un nome e speriamo presto anche un volto. In questi giorni abbiam riflettuto molto del fatto che molti fenomeni e fatti che accadono nelle cronache appaiono come distanti, astratti, quasi irreali, ma nella realtà dietro ognuno di questi ci sono persone, storie, vite, ognuna delle quali meriterebbe pari dignità e memoria. Siamo stati a Borgo San Dalmazzo, a visitare MEMO 43-45, un percorso che a partire da una ricerca storica di oltre vent’anni racconta le vite delle più di 800 persone di origine ebraica che arrivarono lì e una parte delle quali fu da lì deportata ad Auschwitz. (chissà sarebbe bello andarci insieme!) Le cose più terribili, nel 43 come oggi, dall’Ucraina alla Palestina al Mar Mediterraneo, alle periferie di Torino, succedono quando i fatti vengono disumanizzati, inariditi, e chi è coinvolto non viene considerato più un essere umano, o un essere umano un po’ meno importante degli altri. Dobbiamo tenere duro e non permettere che accada  M.! Grazie per averci permesso di dare un nome in più a cui pensare, a cui far riferimento nelle nostre ore di libertà! A presto!” 

 

Il movimento di Acmos e la rete WeCare

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THE CITY FOR E(U)! – Erasmus+

THE CITY FOR E(U)! – Erasmus+ a Torino / Erasmus+ in Turin

Dal 12 al 20 giugno 2024 abbiamo ospitato la prima mobilità del progetto Erasmus+ The City For E(U)!

THE CITY FOR E(U)!

Il progetto “THE CITY FOR E(U)!” si articola in due mobilità: la prima si è tenuta a giugno 2024 a Torino, mentre la seconda vedrà lɜ partecipanti raggiungere Atene, in Grecia. Al progetto hanno partecipato e parteciperanno 28 giovani provenienti dall’Italia, dalla Grecia, dalla Macedonia del Nord, dal Portogallo.

From the 12th to the 20th of June 2024 we hosted the first mobility of the Erasmus+ “THE CITY FOR E(U)!” project!

The project “THE CITY FOR E(U)!” is divided into two mobilities: the first was held in June 2024 in Turin, while the second one will see the participants reach Athens, Greece. 28 young people from Italy, Greece, North Macedonia and Portugal have participated and will participate in the project.

THE CITY FOR E(U)!: città, sostenibilità, futuro / cities, sustainability, future

Il tema del progetto, affrontato ed esplorato durante la prima mobilità a Torino, è quello delle città; in particolare, delle città del futuro. Tuttɜ lɜ partecipanti hanno alloggiato al Sermig, dove si sono anche svolte alcune delle attività. Vogliamo ringraziare ancora tutto lo staff del Sermig per l’accoglienza e per averci raccontato la storia dell’Arsenale della Pace!

THE CITY FOR E(U)!

Per approfondire il tema in modo accessibile, muovendosi nelle vie di Torino sono stati affrontati cinque aspetti principali delle città e della sostenibilità: tutela della biodiversità, gestione dei rifiuti, aspetto culturale, architettura urbana, viabilità.

The theme of the project, addressed and explored during the first mobility in Turin, is that of cities; in particular, the cities of the future. All the participants stayed at Sermig, where some of the activities also took place. We want to thank all the Sermig staff again for hosting us and for telling us the story of the Arsenal of Peace!

To dig deeper into the topic in an accessible way, moving through the streets of Turin, we addressed five main aspects of cities and sustainability: protection of biodiversity, waste management, cultural aspect, urban architecture, roads.

Buone pratiche ed esperienze virtuose nella città di Torino / Good practices and virtuous experiences in Turin

Prima di scoprire le associazioni, realtà ed esperienze virtuose nella nostra città insieme allɜ partecipanti internazionali, siamo andatɜ alla scoperta dell’aspetto negativo della gentrificazione, in particolare nella zona di Porta Palazzo.

Nei giorni successivi, invece, abbiamo appunto scelto di incontrare e scoprire alcune buone pratiche e realtà già esistenti a Torino. Abbiamo passato alcune giornate in Casa Acmos, dove si sono anche tenute le tradizionali serate interculturali, discutendo del recupero del cibo e degli sprechi, e abbiamo esplorato Parco Dora, caso studio famoso per l’architettura e la rigenerazione urbana che l’ha riguardato.

 

Abbiamo scoperto gli effetti della crisi climatica sulle città e sullɜ cittadinɜ al Kontiki, sede di Fridays For Future Torino, e affrontato l’aspetto culturale grazie a Via Baltea 3, hub culturale di Barriera di Milano e punto di riferimento per chi vive in questo quartiere. Per esplorarlo e approfondire l’aspetto della biodiversità abbiamo anche incontrato l’esperienza di Agrobarriera, programma di agricoltura urbana e sociale.

THE CITY FOR E(U)!

Before discovering the associations, realities and virtuous experiences in our city with the international participants, we discovered the negative aspect of gentrification, particularly in the Porta Palazzo area. 

In the following days we chose to meet and discover some good practices and realities that already exist in Turin. We spent a few days in Casa Acmos, where the traditional intercultural evenings were also held, discussing the reuse of food and waste handling, and we explored Parco Dora, a case study famous for its architecture and urban regeneration.

We discovered the effects of the climate crisis on cities and citizens at Kontiki, home of Fridays For Future Torino, and addressed the cultural aspect with Via Baltea 3, cultural hub of Barriera di Milano and point of reference for those who live in this neighborhood. To explore it and delve deeper into the aspect of biodiversity we also encountered the experience of Agrobarriera, an urban and social agriculture program.

 

THE CITY FOR E(U)!

Ma ci siamo anche datɜ tempo per riflettere e discutere insieme dei temi trattati e delle esperienze conosciute durante questi giorni insieme, ad esempio dividendoci in gruppi e sognando gli spazi che desideriamo alla Porta Palatina.

But we also gave ourselves time to reflect and discuss together the topics covered and the experiences we learned during these days together, for example by dividing into groups and dreaming of the spaces we want in our cities at the Porta Palatina.

 

THE CITY FOR E(U)! – La prima esperienza di mobilità del progetto / The first mobility of the project

La seconda mobilità del progetto Erasmus+ “THE CITY FOR E(U)!” si terrà ad Atene, in Grecia, ad ottobre. Lɜ nostrɜ giovani partecipanti non vedono l’ora di incontrarsi nuovamente per continuare a ragionare di città, sostenibilità, e di come vogliamo costruire il futuro dellɜ giovani europeɜ!

The second mobility of the Erasmus+ project “THE CITY FOR E(U)!” will be held in Athens, Greece, in October. Our young participants can’t wait to meet again to continue talking about cities, sustainability, and reflect on how we want to build the future of young Europeans!

Debora Dellago

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Participation – Meridiano d’Europa 2024: 10 anni di progetto

Il 22 luglio del 2011 Anders Breivik, fondamentalista di estrema destra, organizzò un doppio attentato, il primo a Oslo con l’esplosione di una bomba che portò alla morte di 8 persone, un diversivo che gli permettesse di raggiungere il campo estivo dellɜ giovani laburistɜ a Utøya dove compiere la vera strage: iniziò a sparare, uccidendo 69 ragazzɜ.

Quell’avvenimento ci sconvolse. In particolare il motivo che spinse Breivik a questo gesto, ben calcolato e pianificato: un atto terroristico per annientare le idee e i valori di tantɜ giovani, convintɜ nell’Unione Europea, nella giustizia, nell’uguaglianza dellɜ cittadinɜ.

A fronte di questa spregevole violenza, come rete nazionale WeCare, abbiamo voluto dare forma al nostro dolore, trasformando quella sofferenza in energia per un cambiamento.

Perché quello che la strage di Utøya ci ha insegnato è la consapevolezza che il cambiamento sta nelle nostre mani. É un nostro dovere adoperarci affinché l’idea di Europa di Breivik, basata su nazionalismi, discriminazione, odio e intolleranza, non diventi realtà.

E per riuscirci abbiamo dato vita al progetto “Meridiano d’Europa”: un percorso educativo nazionale che dialoga e ragiona di Europa, diritti e solidarietà con le giovani generazioni, culminando nell’esperienza di viaggio.

Ogni anno, da ormai 10 edizioni, più di 200 studentɜ viaggiano insieme a noi attraverso i confini dell’Europa, scoprendone le contraddizioni e ragionando collettivamente sull’Unione che vorremmo.

Quest’anno siamo stati a Lione per l’edizione “Participation”: a ridosso delle elezioni europee e dei grandi cambiamenti che stanno interessando gli assetti geo-politici, oggi come dieci anni fa, crediamo che di ognunə sia la risposta per combattere ogni forma di intolleranza e discriminazione.

Per noi, per il futuro dell’Europa, per chi ancora oggi è vittima di questo sistema e per tuttɜ quellɜ giovani che tredici anni fa persero la vita sognando un’Europa democratica, solidale e inclusiva.

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Le storie che raccontiamo

In Cascina Arzilla,  venerdì 12 luglio, si svolgeranno diverse attività in una giornata dedicata a Satnam Singh e a tutte le vittime del caporalato.

 

La giornata, organizzata insieme a Libera Piemonte e il Presidio Universitario Tina Motoc-Hyso Telharaj , vuole essere un momento conviviale nel quale incontrare il territorio e tantɜ giovani coinvolti nel campo di E¡state Liberi!, con cui parlare e approfondire l’attualissimo tema dello sfruttamento lavorativo, piaga che purtroppo affligge il nostro paese, da nord a sud.

 

Inizieremo con la visita guidata alla mostraSiamo uomini o caporali” allestita permanentemente nel bene: immagini, oggetti, suoni e racconti dislocati per la cascina, propongono di immergersi nelle condizioni vissute dai braccianti nelle nostre campagne, vittime di sfruttamento, mal pagati che vivono in condizioni inumane, a qualsiasi latitudine nel nostro paese.

 

Alle ore 20:00, daremo voce alle storie di diritti negati, con la presentazione del libro di Luca PerniceSchiavi d’Italia“, che racconta il ghetto di Borgo Mezzanone attraverso le storie di alcune vittime di caporalato nel Foggiano.

 

A chiudere la nostra giornata, la Proiezione sotto le Stelle del film “La nostra terra” di Giulio Manfredonia.

 

E per la cena? 
Lɜ giovani del Presidio Universitario hanno lanciato una sfida! Invitano tuttɜ lɜ partecipanti a portare qualcosa da mangiare e da bere, magari in condivisione, facendo attenzione alle materie prime utilizzate e alla filiera della loro produzione!

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Nelle nostre ore di Libertà – Boves 2024

La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.”
[Costituzione art. 27]

 

Cittadini! Il reato è una colpa! Chi lo compie si chiama colpevole e chi ruba una mela finisce in galera.
[…] Eppure, cittadini, molti di voi leggeranno un’oggettiva sproporzione tra l’idea di reato e il furto di una misera mela.
Allora vi pongo il quesito in maniera diversa. Avere fame è un reato? Certamente no.
Perciò in una società nella quale vi fossero mele per tutti, chi ruba una mela lo farebbe per accumulare mele e affamerebbe i poveri derubati. E io sono sicuro che affamare la gente è reato.
Ma in questa società solo una parte dei cittadini possiede la mela, mentre il resto ha solo fame.
Perciò io vi dico che in questa società è un reato possedere la mela!

[Ascanio Celestini – Pro Patria]

 

 

 

Il campo di Boves, appuntamento storico del nostro movimento,  quest’anno si terrà dal 17 al 21 luglio e coinvolgerà moltɜ giovani da tutta Italia in un confronto sull’idea di giustizia e di legalità egemone in questo momento storico. Si partirà in particolare dalle pratiche per far rispettare la legge e dall’approfondimento dello strumento della detenzione in carcere. Infatti nonostante la Costituzione faccia esplicitamente riferimento alla pluralità delle pene, il carcere sembra essere la sola e unica risposta possibile.

 

Nel 2013 la Corte Europea dei Diritti dell’uomo ha condannato l’Italia, nella storica “Sentenza Torreggiani”, a risarcire sette uomini che avevano denunciato le condizioni detentive al limite dell’umano che avevano dovuto sopportare. Si individua nel sovraffollamento una condizione strutturale, a cui dover porre rimedio, eppure i numeri delle persone detenute in carcere in Italia continuano lentamente, a crescere ben oltre la capienza ufficiale. Senza considerare la violenza e la sofferenza che viene esercitata all’interno: ne sono un esempio eclatante i fatti avvenuti presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere dove quasi 300 detenuti inermi hanno subito una rappresaglia attraverso l’utilizzo della violenza fisica e psicologica da parte degli agenti in servizio. E ancora: secondo i dati raccolti da Antigone, il 2022 è ad oggi l’anno con più suicidi in carcere di sempre. Questi possono sembrare dei casi isolati ma sono solo alcuni degli esempi che dimostrano un sistema che ha tradito le premesse scritte dai padri e dalle madri costituenti e che è incapace di svolgere il ruolo rieducativo, se pensiamo all’alto tasso di recidiva dei detenuti che passano dal carcere, o alla prevalenza di tragiche condizioni socio-economiche e culturali nelle biografie dei detenuti, che spesso il carcere non fa altro che peggiorare.

 

Uno Stato di diritto che si definisce tale non può ignorare lo stato di salute delle proprie carceri. Queste ultime sono espressione del sistema complesso di idee e pratiche della vita democratica.

 

A partire da queste premesse il campo di Boves, con lɜ ospiti che interverranno, i dibattiti e le attività proposte, sarà l’occasione per analizzare lo stato dell’arte e le possibili forme di prevenzione e alternativa: ha ancora senso questo genere di sistema? A quale idea di essere umano e società corrisponde? Conosciamo le alternative esistenti? E come si può prevenire ed evitare che il carcere perpetui semplicemente le discriminazioni della nostra società?

 

Tutte le riflessioni saranno poi contributi utili per tutte le forme di attivismo e impegno civico e politico delle persone e delle associazioni partecipanti.

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Se non possiamo vederlo alla RAI, guardiamolo sulla RAI!

E’ preoccupante quanto si apprende grazie all’inchiesta realizzata da Fanpage.it sulla futura classe dirigente del partito della Presidente Giorgia Meloni.
E’ preoccupante la mancata messa in onda da parte del servizio pubblico di un documento così rilevante nel dibattito politico nazionale ed internazionale.
E’ preoccupante il silenzio di questo Governo di fronte alle verità emerse, che solo l’interrogazione delle opposizioni riporta dentro le aule del nostro Parlamento.
Ci indigna l’immagine che ne emerge del Servizio Civile Universale, erede della non-violenza e dell’obiezione di coscienza alle armi: il S.C.U. è simbolo e strumento di Pace e antifascismo.
Per questi motivi proponiamo di manifestare sotto la sede della RAI di Torino, in Via Verdi 16, proiettando il filmato dell’inchiesta e commentando i temi che porta a galla e la loro pericolosità.
Grazie alla collaborazione con la redazione di Fanpage avremo a disposizione in anteprima la seconda puntata dell’inchiesta, che contemporaneamente verrà presentata a Roma durante un evento pubblico.
Interverranno:
Davide Mattiello, presidente Articolo Ventuno Piemonte
Francesco Aceti, vicepresidente ANPI Provinciale di Torino
Sara Diena, Sinistra Ecologista Torino
Andrea Pennacchio, Giovani Democratici Torino
Modera:
Diego Montemagno, presidente di ACMOS
Propongono e aderiscono:
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L’ultimo Consiglio Comunale dellɜ Ragazzɜ della Città di Torino

Si è concluso, agli inizi del mese, il primo anno di progetto del Consiglio Comunale dellɜ Ragazzɜ della Città di Torino!

Dalle elezioni nelle proprie classi, all’ultima seduta del Consiglio in Sala Rossa, con la partecipazione di diverse figure politiche della nostra città, a partire dal Sindaco Stefano Lo Russo, che ha aperto l’incontro dando il benvenuto allɜ giovani.
È stato un anno ricco di emozioni, nuove conoscenze ed esperienze vissute insieme, una bella comunità di giovani che si sono presɜ cura dellɜ proprɜ compagnɜ e della propria città, praticando un vero e proprio esercizio di democrazia.

Un ringraziamento all’Assessora Carlotta Salerno che ha creduto in questa esperienza e ha fatto tutto il necessario per coinvolgere il CCR nelle politiche cittadine.

Un ringraziamento alle associazioni Acmos e Les Petites Madeleines che, grazie al dialogo costante con l’assessorato, la Città di Torino e lɜ docenti delle scuole coinvolte, sono riuscitɜ a realizzare questo meraviglioso progetto.

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