“Le nostre anime belle sono razziste. Anche noi gente d’Europa, ci si decolonizza: ciò vuol dire che si estirpa, con un’operazione sanguinosa, il colono che è in ognuno di noi. Guardiamoci, se ne abbiamo il coraggio, e vediamo quel che avviene di noi.
Occorre affrontare questo spettacolo inaspettato: lo streap-tease del nostro umanesimo. Eccolo qui, tutto nudo, non bello. Non era che un’ideologia bugiarda, la squisita giustificazione del saccheggio.
Bella figura, i non violenti: né vittime né carnefici! Andiamo! Se non siete vittime, quando il governo che avete plebiscitato, quando l’esercito in cui i vostri fratelli più giovani han prestato servizio e, senza esitazione né rimorso, si sono accinti ad un genocidio, siete indubbiamente carnefici. […] Mi fermo qui, finirete il lavoro voi senza fatica; basta guardare in faccia, per la prima e ultima volta, le vostre aristocratiche virtù: esse stanno crepando.”
J.P. Sartre, prefazione de I dannati della terra, F. Fanon, 1961
Non è invecchiata per niente la provocazione di Sartre che apriva il libro di denuncia di F. Fanon sul colonialismo europeo. Sono invecchiate e affaticate però le speranze di liberazione dei popoli oppressi, sottomessi, costretti alla fuga, massacrati in ogni parte del mondo, e lo è il pensiero di chi allora e in tutti questi anni in Europa ha provato a fare quell’operazione sanguinosa di smascherarsi, di estirpare il colono che è in ognuno di noi.
Qualcunə ha provato a far andare la storia in modo diverso, a costruire pace e solidarietà tra i popoli ed è bene riconoscere gli sforzi fatti e i risultati raggiunti, tutti i conflitti che si sono evitati, le persone che non sono morte, le vite che sono migliorate. Purtroppo però non è un processo di miglioramento progressivo e lineare, né tantomeno che va avanti da sé. Si assiste oggi a un grande ritorno di pensieri razzisti e xenofobi, di suprematismo bianco, che legittima forme di esclusione, segregazione, discriminazione e violenza nei confronti dello straniero e del diverso, senza vergogna nè censura. Queste posizioni sono espresse e agite da cittadinɜ comuni, ma anche di figure di spicco del mondo dell’intrattenimento, dell’informazione e della politica, fino a essere normalizzate e istituzionalizzate.
Serve allora uno sforzo in più da parte di chi crede nella pari dignità di ogni persona, di chi vuole che i principi del diritto, sanciti in tanti dei testi fondanti la Repubblica Italiana, l’Unione Europea, l’ONU, non siano solo auspicio ma diventino realtà, o almeno un po’ più realtà di come lo sono oggi, nella vita di ciascuno e di ciascuna e nella società tutta. Serve che le voci di dissenso rispetto a questi fenomeni si manifestino e che le alternative attraverso la società civile e la politica si realizzino, avanzino anziché arretrare.
Di tutto questo parleremo e faremo esperienza nel campo estivo che riunirà ragazzi e ragazze da tutta Italia e non solo, dal 16 al 20 luglio. Il campo si svolgerà come ogni anno a Boves, città insignita della Medaglia d’Oro al valor civile e al valor militare per i fatti avvenuti durante la Resistenza, città che ricorda con la sua storia l’importanza di non sottovalutare mai i passaggi graduali e i sintomi diffusi nella società che accompagnano anche in democrazia l’inizio di un periodo nero di violenza e autoritarismo.
Nell’ambito del progetto “Goal in rete” con il finanziamento concesso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali a valere sul Fondo per il finanziamento di iniziative e progetti di rilevanza nazionale ai srnsi dell’art. 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n.117
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